«Classic Rock» non è la destinazione più naturale per un disco come MUSICA SPONTANEA, (…) ma la vibrazione di ogni sua singola nota è molto più rock di tante vuote schitarrate
[Maurizio Becker, Classick Rock, #149 Novembre 2025]
Come scrive Renzo Cresti nelle note di copertina, “Mezzo secolo or sono, Demetrio Stratos aveva liberato la voce, lanciandola in acrobazie inusitate. Voce e strumenti sono preparati e ci offrono momenti ora incendiari e sconvolgenti ora intimistici ed emozionanti, che avvolgono l’ascoltatore e lo scombussolano, mettendo in crisi i riferimenti musicali consueti”. «Classic Rock» non è la destinazione più naturale per un disco come MUSICA SPONTANEA, eppure il nome di Stratos risuona ancor forte in molti di noi e quindi ci sembra giusto segnalare questa coraggiosa operazione di Alan Bedin, che riparte dalle sperimentazioni del greco per buttarsi senza rete in un viaggio nelle possibilità espressive della voce umana.

Secondo Lorenzo Pagliei, “Alan si avventura oltre le colonne d’Ercole della voce quotidiana e della voce d’arte, e […] sin dal primo suono ci fa entrare in un mondo mitico, pieno di sorprese, incanti, suoni inusitati, orrorosi o meravigliosi”. L’ascolto è ostico, respingente, nessuna piacevolezza, nessuna concessione, ma la vibrazione di ogni singola nota è molto più rock di tante vuote schitarrate. Con Alan Bedin vanno citati anche Edoardo Piccolo, Saverio Tasca e un certo Paolo Tofani. Lassù Demetrio sorride felice, ne siamo certi.