Welcome Shivaraj Natraj! Una nuova collaborazione, una visione moderna e contemporanea dell’arte vocale.

[Alan Bedin, Hanuman. La Scuola di Musica e Danza Indiana © 2021]

Lo staff di Hanuman presenta la brillante collaborazione con il musicista Shivaraj Natraj, konnakoll e Carnatic Human Beat Box. Nel 2017 ho avuto il piacere di conoscere Shivaraj al Convegno ‘La Voce Artistica’ organizzato dal direttore scientifico Franco Fussi, dove insieme alla mia prima maestra Patrizia Saterini, alla Dott.sa Giovanna Baracca e Trang Quang Hai, ho partecipato come relatore al World Voice India presentando un mio nuovo metodo nato dalla mia esperienza personale nel canto moderno e dall’avvicinamento all’arte vocale indiana. Ricordo con entusiasmo quel primo incontro dove il giovane artista con la sua partner Varijashree Venugopal riuscirono a sconvolgere la platea di professionisti del settore dimostrando non solo il virtuosismo le loro capacità tecniche ma anche l’altra faccia della cultura e concezione dell’arte musicale indiana. Dalla tradizione del konnakol carnatico al beat box, dal sargam allo scat jazzistico. Indimenticabili! Il nuovo collega Shivaraj in esclusiva per Hanuman

A. Qual è il rapporto del cantante moderno con la cultura classica indiana?
S. In India, esiste un’ampia classificazione dei cantanti nei vari sottogeneri indiani. In generale, sono i cantanti Hindustani e Carnatic che formano la comunità classica indiana, poi ci sono i cantanti cosidetti cinematografici che fanno parte della costellazione di Bollywood, Sandalwood, Tollywood ecc… Poi ci sono anche i cantanti occidentali ma lasciamoli fuori per ora.

I cantanti classici in generale seguono le tradizioni del Guru-Shishya Parampara, dove subiscono una rigorosa formazione dalle basi alle composizioni avanzate. I cantanti “moderni” cantando per l’industria cinematografica o anche semplicemente artisti indipendenti – come me – fanno uso del nostro apprendimento nella musica classica e cercano di mescolarlo con altri generi, per far nascere e proporre una nuova combinazione, fusione. Molti artisti che ho visto attingono ‘in profondità’ nella parte classica o nell’altra metà popolare. Il corretto equilibrio di ‘profondità’ in entrambi i generi è qualcosa di non così comune in India. È qualcosa che dovrebbe essere raggiunto in futuro. Poi attenzione… Ci sono molti cantanti cinematografici che possono dare anche ottimi concerti di musica classica!

A. In India – oggi – tutti i giovani partono dal sistema classico? Da che età si inizia?
S. Non tutti i giovani. Sono molti quelli che fino ad una certa età seguono questa Parampara. Tuttavia, lo studente classico indiano medio, mi riferisco ad esperienze personali o conoscenze, frequenta i suoi Guru per lezioni giornaliere o settimanali, e ora anche online a causa della pandemia COVID piuttosto che raggiungere la casa del Guru come ai vecchi tempi. Ovviamente i tempi sono cambiati e ci sono mezzi più comodi per imparare dal Guru. Tuttavia, personalmente ritengo che il sistema Gurukul abbia la sua importanza non solo per l’apprendimento dell’arte vocale, ma anche per i valori importanti nella vita, elementi fondamentali per avere un senso dello sviluppo generale della personalità artistica. Se è fattibile, suggerirei sicuramente questo sistema. Io ho vissuto nell’ostello Ramakrishna Ashram a Ramakrishna Vidyarthi Mandiram per 2 anni dove non c’erano telefoni, computer o internet consentiti. Ricordo che mi ha aiutato tantissimo in un’età cruciale! Ho iniziato a praticare il canto carnatico all’età di 5 anni da mio padre, Sri Natraj Pushpavanam. Poi la percussione Mridangam all’età di 13 anni da Vid. PK Ram Mohan in Oman, Dal 2015 sono un allievo di Kalashiromani Vid. A V Anand, uno dei più anziani Mridangam Vidwan (Pundit) in India. Oggi il maestro ha 86 anni.

A. Oggi il target giovanile indiano cosa ascolta? Qual è il genere più ascoltato?
S. Non posso dirtelo in una sola intervista, ma in India sembra che la musica di Bollywood sia la più famosa in tutte le parti del paese. Nel suo complesso sì, è la più ascoltata.
A. Noi ci siamo conosciuti in un convegno di insegnanti e professionisti dove la voce è analizzata in tutti i modi, anche in quello fisiologico. Il cantante indiano classico e moderno-contemporaneo segue l’aspetto fisiologico?
S. Ho notato questa meravigliosa connessione tra medici e musicisti in Italia. Purtroppo non ho visto spesso questo tipo di relazione in India. È poco usuale… Piuttosto, qui il medico è consultato solo quando c’è un grave problema con la propria voce. Ci sono alcuni che hanno inculcato questa abitudine di consultare regolarmente un terapista vocale, ma qui ripeto non è così comune.

A. Ho trovato un sistema molto terapeutico nella musica vocale indiana. Dal sargam al nom tom sillabico. Mi spiego: modelli, schemi onomatopeici che dirigono il cantante nel “modo giusto” di cantare. Non solo per l’aspetto funzionale (energia spirituale intendiamoci…) ma anche per la tecnica: consonanti e vocali., l’aspetto del respiro propulsore e origine di ogni suono… il pranayama così antico ma così moderno e molto intuitivo.
Come ricordi al convegno “Voce Artistica” e come ogni giorno nelle mie lezioni e nella mia pratica quotidiana ho unito, mescolato la tua cultura con quella occidentale – aprendo la mentalità -dando un aspetto propriocettivo (cinestesico) e visivo della voce. Un’estensione del corpo (…) Shivaraj, potresti commentare questo aspetto?

S. Sono abbastanza colpito e felice che persone come te si stiano assumendo questo gigantesco compito di portare la musica classica indiana alle masse comuni in diverse parti del globo. Ogni genere di canto credo abbia sempre un “modo giusto” o se non un modo “autentico” di cantarlo. Bene, questo è ciò che dà al genere musicale/vocale la sua identità! Vorrei solo invitare a chiunque intraprenda questo compito di assicurarsi che il proprio studio in questa forma di musica sia abbastanza profondo e da fonti autentiche radicate in India, in modo che vengano trasmessi i concetti più giusti e corretti. Ho visto molti esempi di mezza-conoscenza – che non vorrei sottolineare – che necessiterebbero di essere legati più fortemente alle radici della Musica Classica Indiana. Alla fine – tuttavia – sto ancora imparando e ho ancora molta strada da fare. Questa è solo una mia opinione, potrei sbagliarmi anch’io… E sono aperto alla discussione.

A. No, non sbagli. Anch’io sono di questa opinione. L’ho percepito ascoltando diversi artisti e generi musicali, per non parlare dell’aspetto dinamico e timbrico. Grazie allo staff di Hanuman, sto studiando ed eseguendo esercizi seguito da un maestro indiano. Sono allievo della nostra maestra di canto indiano Dr. P.V. Mano Manjari. Dallo studio della cultura indiana ho percepito che un cantante deve cantare “perché”, non “come”.
D’altra parte, invece, il vostro rapporto maestro-allievo implica all’imitazione (…) che può essere molto dannosa nel caso delle voci bianche (molto giovani). In intonazione indubbiamente un sistema molto efficace (…) ma per timbro e affaticamento? Voglio la tua opinione !! Ti adoro come cantante, solo come cantante ovviamente… Ah! Congratulazioni per lo scat dell’ultimo video postato… Per te è molto più semplice, da noi non ci sono microtoni Ah ah ah!

S. Ha ha ha Grazie mille caro Alan! Anch’io amo il lavoro che stai facendo con Hanuman La Scuola di Musica e Danza Indiana! Per quanto riguarda la domanda “perché” e “come”, qui ci sono molti insegnanti che insegnano anche la parte del “perché”, che è ciò che li rende buoni maestri di musica classica indiana. Poi anche se altri insegnano solo il “come”, una parte molto importante del viaggio di uno studente in questa forma di musica è ASCOLTARE. Ascolta, ascolta e ascolta di nuovo una vasta gamma di artisti acclamati e proclamati, specialmente quelli degli anni ’50. Più ascoltano, più ampia è la loro visione, ed è così che l’unicità viene accesa nella voce dell’individuo. Nel nostro sistema, l’apprendimento e la pratica costituiscono solo una parte dell’educazione musicale! l’ascolto di tanti artisti costituisce l’altra parte integrante!

A. Bene. Grazie man… A presto, e spero dal vivo… magari per un bhajan!

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Come cantano gli altri popoli? Come utilizzano la voce? E il corpo? Demetrio Stratos con Alain Danièlu, propulsori dell’immagine extraeuropea dalla prima metà del ‘900

Lo studio della Voce spesso mi porta a riconoscere punti di congiunzione tra i diversi percorsi che hanno delineato la mia crescita – o meglio scusate – la mia consapevolezza. Spesso per riconoscere il linguaggio di un artista ho dovuto, non solo studiare la sua configurazione, ma anche i luminari che prima di lui potrebbero in qualche modo averlo influenzato o caratterizzato la sua personalità, visione e concezione di canto o suono con la voce. È palese e ormai risaputo l’amore che provo per la band Area International POPular Group e per alcuni dei suoi elementi. Si sa… il primo strumento di noi cantanti e musicisti è l’orecchio e sicuramente l’ascolto lungimirante di certi artisti ha sicuramene condizionato il loro sound e la miscela voce-musica, come per gli Area dal loro primo Lp del 1973. Si tratta sicuramente di Pharoah Sanders ‘Karma’ eseguito già anni prima nel 1969 dove indiscutibilmente si intercetta la sonorità del primo sax di Victor Edouard Busnello, le idee e l’aleatorietà di “Event ’76”, i suoni legnosi dei fratelli baschi con lo txalaparta su “Maledetti”, addirittura lo jodel di Demetrio Stratos, che poi sarebbe diventato il suo marchio di fabbrica.

Pharoah Sanders, Karma (1969)

Il grande Demetrio Stratos (cantante, musicista, performer) al di fuori del gruppo Area ha portato avanti uno studio decisamente rivoluzionario caratterizzato da una trasgressione consapevole che per usare le parole di Colonetti, costruisce la grande regola delle espressioni artistiche del Novecento. Stratos è stato tra i primi a capire che se un cantante vuole in qualche modo considerarsi moderno, contemporaneo e creativo,fondamentalmente deve – dopo essersi confrontato con un foniatra e un psicologo – effettuare un processo di riduzione, semplificazione dalle forme commerciali a quelle colte, fino a raggiungere l’elementare purezza propria della musica etnica. Come ho potuto constatare da interviste e chiacchierate post concerto con il collega M° Mauro Pagani, Demetrio oltre ad una tournée a Cuba – dove aveva avuto modo di incontrarsi con delegazioni di musicisti mongoli, africani, pakistani e haitiani, aveva intrapreso lo studio di tecniche medio orientali portate in Europa (Centre d’Etudes de Musique Orientale o il dipartimento di musicologia presso il Musée de l’Homme di Parigi) – in Italia aveva conosciuto la tradizione musicale del nord India con le pubblicazioni del grande mentore e diffusore culturale Alain Danièlu, indianista, musicista, filosofo, sanscritista francese.

Alain Danièlu (Neuilly-sur-Seine, 4 ottobre 1907 – Lonay, 27 gennaio 1994)

In un libro dell’amico Antonio Oleari ‘Demetrio Stratos. Gioia e rivoluzione di una voce’ dove con il catalogo Cramps Rercords di Cramps Music srl ho collaborato attivamente, si presentano degli appunti interessantissimi scritti dopo delle lezioni che Demetrio aveva tenuto presso il Conservatorio di Milano dove teneva un corso di semiologia della musica contemporanea sulla voce.

Demetrio Stratos Demetrio Stratos, pseudonimo di Efstràtios Dimitrìu (Alessandria d’Egitto, 22 aprile 1945 – New York, 13 giugno 1979) Cantante, polistrumentista e musicologo greco naturalizzato italiano

“E’ necessario premettere che la voce in India come in altre regioni è strettamente legata alla religione. A tal punto che esistono sacerdoti che hanno come compito specifico quello di addestrarsi all’uso della voce per parlare con dio. Nella musica indiana la voce uno strumento autonomo. Cioè essa non serve solo a raccontare storie, ma in molti casi la parola viene annullata e la voce diventa uno strumento di comunicazione musicale (musica vocale). Le tecniche di “pranà” sono certamente la radice di tutto questo. Esse spiegano che la voce parte dal diaframma, sale, va al cuore, alla gola, e alla fine, alla testa dalla quale esce. Questo spiega l’adozione della respirazione diaframmale come respirazione normale. Con questa tecnica gli indiani sono in grado di emettere note non solo più lunghe e più nette, ma sulla distanza queste rimangono invariate e non vibrano. Gli indiani dispongono di tre timbri: alto, medio, basso. Al contrario di noi i timbri alti rappresentano tristezza, mentre i bassi allegria. L’unità microtonica si chiama ‘shruti’. La musica indiana dispone di seicento scale e tutto è costruito sull’improvisazione”.