Il Workshop di Alan BEDIN: “La Musica vocale di Demetrio Stratos” Corso di canto moderno e contemporaneo è riuscito riunire più di venti corsisti, e al pomeriggio anche uditori per trasformare una giornata didattica in un tavolo di discussione a 360° gradi sullo strumento più affascinante, essenziale, intimo, sostanziale mai suonato dall’uomo. Un Harmonium indiano, un giradischi, una tastiera, tre microfoni, una lavagna… Un orchestra di parole, note e atomi del Suono… Esatto! Tanti armonici per risvegliare lo strumento più importante del cantante e dello studioso della voce: l’orecchio. Dalla respirazione alla visualizzazione di capsule onomatopeiche per visualizzare risonatori e formanti. Sei ore di master per studiare a pieno l’ultima performance vocale di Stratos e trasformarla in didattica.
“Un ringraziamento particolare all’amico Alberto Antolini, referente per l’Ass. culturale di Forlimpopoli “Dai De Jazz aps” per aver permesso la realizzazione di una giornata unica per il canto e respirazione funzionale alla voce. Voglio riportare qui sotto gli appunti della cantante Sara Ghtami annotati durante la mia lezione… Lo considero un risultato raggiunto, grazie a tutti”. [Alan Bedin]
“La voce esiste già, e usa il nostro corpo per manifestarsi”
miglioramento della capacità di ascolto
maggiore percezione degli armonici nella voce cantata
miglioramento dell’intonazione e delle componenti armoniche nella voce, utilizzo ottimale dei risuonatori
produzione di suoni più penetranti dando un effetto di corporeità alla voce
generale benessere psico-fisico: “Quando dico che cantare fa bene, intendo proprio questo”.
Foto di gruppo dei corsisti rimasti in sala per l’attestazione di fine giornata
Alberto Antolini, organizzatore della giornata e amico storico di Demetrio Stratos e del gruppo Area, Alan Bedin, insegnante e performer
Alla pesentazione del suo libro ‘Volevo lavorare “dentro i dischi” l’incontro con l’autore, un esempio indelebile di discografico italiano. Vi presento Domenico Paganelli: una vita da produttore artistico e discografico.
50 anni di storia della musica italiana raccontati attraverso storie e aneddoti che mostrano i lati più nascosti e intimi del rapporto umano con grandi artisti ed esponenti del mondo dello spettacolo. Al di là del semplice racconto, questo libro offre a tutti coloro che ambiscono a entrare in questo mondo come artisti o addetti ai lavori (e in particolar modo ai più giovani), moltissimi spunti di riflessione sulle dinamiche che da sempre governano questo ambiente in continua evoluzione.
“Oggi nella primavera 2022 ho sessantasette anni e mi sento ancora un ragazzo pieno di interessi e curiosità. Prima di diventare un vecchio borbottone che approfitta di ogni momento possibile per raccontare la sua vita accanto a grossi personaggi della musica e dello spettacolo, ho preferito scrivere questo libro, così se qualcuno vorrà sapere qualcosa di me, se ne avrà voglia, potrà leggersi questa mia avventura dettagliata nel tempo. I fatti e i nomi sono assolutamente reali e, visto che mi sono affidato quasi totalmente alla memoria, mi scuso per eventuali imprecisioni e omissioni. So bene di essere stato un privilegiato, che ha potuto realizzare il sogno della sua vita lavorando nel centro della musica e camminando con artisti incredibili, che mi hanno insegnato tantissimo. Da ragazzo avrei dato qualsiasi cosa, per rovistare nella musica affiancando artisti che conoscevo solo grazie alla te- levisione, ai concerti, oppure per la foto sulle copertine dei 45 e 33 giri. Ho iniziato a scrivere il racconto nell’agosto 2009 nella mia casa di Villanova d’Albenga, per poi farlo crescere nella mia casa di Milano e così, via via, un po’ qui e un po’ là, fino al termine della prima edizione pubblicata nell’autunno 2010. Ho tentato di realizzare una sorta di diario temporale musicale, per poter dare un senso compiuto agli eventi, per cercare di far immaginare l’atmosfera dei vari decenni, dal mio mitico mangiadischi degli anni 60 ai miei concerti avventurosi nell’epoca post ’68 o dei primi anni ’70, con gli immancabili lacrimogeni ad ogni manifestazione musicale importante. Continuando poi dal ’71, quando iniziavo ad entrare nel mondo della musica riuscendo solo a fermarmi alla crosta esterna, fino al ’77, quando per la prima volta riusci ad aprirmi un varco più profondo fin nel cuore della musica, entrando alla RCA. Il titolo è dovuto a più di un amico che quando lavoravo in negozio alle Messaggerie Musicali, mi chiedeva lo sconto perché, a detta loro, io “lavoravo dentro nei dischi”. Dentro e fuori dalla musica che conta, come quel periodo ombroso dietro a un’impolverata scrivania in un magazzino di periferia alla Panarecord, il punto più basso da quando mi lasciarono a casa dal negozio della Ricordi nel 1975. Il top di allora furono i miei quattro anni alla RCA, dove mi trovai di colpo a lavorare con i più grossi artisti italiani (1977-1981), cui seguì però il periodo più basso appena descritto. La risalita cominciò entrando nella grande famiglia della Peer Southern alla direzione artistica, che fu una grossa scuola preparatoria per me, ma l’apoteosi arrivò con i miei diciassette anni alla direzione artistica della mia grande EMI. Un diario costringe a continui fatti con nomi, date e luoghi, per cui la fluidità del racconto sicuramente ne risentirà, ma la mia speranza è quella di aver scritto qualcosa che possa dare un’idea di una visione dall’interno degli uffici di una casa discografica, soprattutto per chi non conosce questo mondo e, cosa non meno importante, lo stato d’animo di un ragazzo che ha mischiato il suo lavoro con il suo hobby preferito, la musica. Voglio inoltre dire grazie a tutte le persone che hanno creduto in me e hanno reso possibile questo mio percorso e sono davvero tante, sia tra i miei superiori o colleghi e tra gli artisti. A quelle poche invece che hanno cercato di mettersi di traverso creandomi qualche difficoltà, voglio dire che io, come un giocatore di rugby con grinta e spalle grosse, sono riuscito a raggiungere la meta, non porto rancore contro nessuno, anzi le difficoltà mi hanno rafforzato. Sono stato un fortunato “pastore di dinosauri”, una razza di artisti che rischia veramente l’estinzione e quando per decenni si parlerà di loro, sarà banale, ma qualche piccolo, piccolissimo, microscopico merito, l’avrò avuto anch’io. Dedico questo lavoro alla mia famiglia d’origine, a mio fratello che fin da piccolo, a Bergamo, mi ha inondato di musica e insegnato a strimpellare la mia prima chitarra, a scrivere canzoni e a suonare stando su un palco nel suo gruppo, i Pako Pako, e come essere affidabili nel lavoro. Ringrazio il grande giornalista Maurizio Becker per la prefazione del libro, così sentita e appassionata, che mi ha realmente commosso. Spero di essermela meritata. Grazie a Vasco Rossi, Angelo Branduardi, Francesco Guccini, Dori Ghezzi che mi hanno riempito d’orgoglio, Roberto Vecchioni perché mi ha scosso dentro e la famiglia di Rino Gaetano per le belle parole. Un sentito ringraziamento allo storico discografico Stefano Senardi, al giornalista, autore e regista Giorgio Verdelli, a Vittorio Costa, avvocato di grossi artisti, a Massimo Cotto, giornalista e scrittore e a Giordano Sangiorgi, patron del meeting delle etichette indipendenti. Grazie a Germano Dantone (Dantone Edizioni) per aver creduto in questo progetto. Ringrazio infine la giornalista Sonja Annibaldi per il suo prezioso apporto stilistico al libro e per i suoi competenti consigli”.
Mimmo Paganelli, da sempre scopritore di talenti, un monmento dell’azienda
Vasco Rossi
Un bravo discografico, un simpatico compagno, un grande amico
Francesco Guccini
La statura di Mimmo sta nelle responsabilità prese di persona, nel suo amore per il bello
Roberto Vecchioni
Un ottimo produttore, riesce a leggere l’interno della musica e a estrarla
JAZZaFORLI’ Musica per libere menti 4a Edizione dal 30 ottobre al 19 novembre Domenica 13 novembre 2022– Fabbrica delle Candele, Forlì – ore 9.30 Workshop di Alan BEDIN: “La Musica vocale di Demetrio Stratos” Corso di canto moderno e contemporaneo.
Il corso, rivolto a cantanti di ogni livello, sarà a numero chiuso per gli allievi effettivi (in numero di 30) ed illimitato per gli uditori. Durata del workshop: 6 ore. Orario: dalle ore 9.30 alle 12.30 e dalle ore 15.00 alle 18.00. L’scrizione è gratuita. Per iscriversi inviare una mail a: alberto.antolini.55@gmail.com – oppure un SMS o un messaggio WhatsApp al +39 329 4234097
“(…) Dal canto armonico alla musica extra europea (indiana), alla scoperta del “Suono” attraverso tabelle comparative delle note nei diversi sistemi musicali, ai valori semantici degli intervalli musicali, alla visualizzazione della “Voce”, il corso è un’esperienza didattica rivolta a tutti coloro che vogliono conoscere a fondo la propria voce con o senza una preparazione precedente. Un percorso interiore da affiancare alla propria disciplina, dal canto al teatro”. (Alan Bedin)
Illustrazione di Osvaldo Casanova in esclusiva per alanbedin.com
L’esigenza di approfondire l’atto artistico della “Voce Stratos” comporta l’opportunità di rivalutare e tramutare l’operosità vocale di chi canta in un’attività di profilo propedeutico e pedagogico che, attraverso la visualizzazione di un mapping gestito dall’uso cosciente di formule fonosimboliche (onomatopeiche) unite alle note, aiuterà ad affrontare, ad esempio, il cambio di registro come gli atteggiamenti e i meccanismi scorretti fuori dalla propria confort zone. La riflessione sullo strumento-voce di Demetrio Stratos può, infatti, giocare un ruolo importante nel processo di formazione di un “artista vocale”. La sicurezza e la consapevolezza del suono del musicista greco è oggi un elemento culturale da assimilare e condividere con responsabilità: si tratta di un modo di emettere e ascoltare la propria voce disgiunta dallo scritto e dalla parola. Raggiungere la propria Eufonia significa conoscere (eu) la propria voce (fonia), creare un equilibrio armonico dei nostri suoni (canto difonico) attraverso la respirazione funzionale e il consapevole reclutamento dei nostri risonatori, elementi fondamentali per la proiezione del proprio “suono”.
Manoscritto di Demetrio Stratos dedicato a Alan Bedin dal M° TranQuang Hai
Analizzare e studiare insieme la “Voce” di Stratos significa fondere diversi sistemi formativi e didattici non solo strettamente musicali: il suo aver unito la cultura musicale occidentale a quella extra europea permette di offrire ai partecipanti al workshop una dimensione estetica in cui l’applicazione del metodo porta sia ad una nuova forma di pensiero, che ad una nuova dimensione percettiva ed emozionale del Suono/Voce. L’esperienza artistico/musicale di Demetrio Stratos rappresenta, dunque, un vero modello di formazione culturale del cantante e del musicista moderno contemporaneo, un percorso vocale strumentale funzionale per chi vuole ampliare la propria conoscenza verso una nuova prospettiva che apra l’orizzonte creativo.
ALLA FINE DEL CORSO SARA’ RILASCIATO UN ATTESTATO DI PARTECIPAZIONE
Il comeback di Opus Avantra, con un’opera trasversale e dirompente che farebbe gioire Franco Battiato.
Maurizio Baiata
Nell’accingermi a intervistare Donella Del Monaco e Alfredo Tisocco, ovvero Opus Avantra, il pensiero andava a Giorgio Gaslini, pioniere della musica “totale” che incontrò l’avversione del mainstream, classico e jazzistico. Per Donella, il suo compagno di vita Giorgio Bisotto (scomparso da alcuni anni) e Renato Marengo, la storia è stata simile. La coppia fondò con loro un mini ensemble d’importanza epica per la musica dei primi anni Settanta, con due album lirici e inquietanti, venati da pulsioni trasgressive che stracciavano il pentagramma. Dopo mezzo secolo, abbiamo l’onore di parlare con Opus Avantra, che torna sulle scene con LOUCOS Nel Luogo Magico, opera immaginifica, trasversale e dirompente in un saliscendi elettroacustico intimo e ribelle, a costituire un “concept” che farebbe gioire il nostro Franco Battiato. L’organico si regge sulla figura fondante del produttore artistico Renato Marengo e su fonti e approdi fra la dimensione vocale quantica di Donella Del Monaco e la struggente vena compositiva e strumentale di Alfredo Tisocco. Ne parleremo anche nel prossimo numero di ‘Classic Rock’.
Donella Del Monaco durante la presentazione a Chez Donella, Treviso il 29.09.2022
Donella, ci eravamo lasciati a Roma tempo fa, ricordi? Donella: Si, alla presentazione di ROSA ROSAE. Ma questo LOUCOS è più vario ed emozionante. Il primo brano mi ha folgorato. D: E Nel luogo magico, che dà titolo all’album… Il vostro primo album è il mitico omonimo del ’74. Il secondo, del ’75, è LORD CROMWELL PLAYS SUITE FOR SEVEN VICES. Alfredo Tisocco: E il terzo, STRATA, era pronto per il ’78, ma purtroppo la Cramps ha avuto problemi e noi l’abbiamo rilevata creando la Artis, che lo ha pubblicato nell’89. Poi nel ’96 è uscito LYRICS, dove c’è Il pavone, sul quale poi rapperà poeticamente Claver Gold, che, in questo disco, duetta nuovamente con Donella in ‘Prima o poi ricorderai’.
Alfredo Tisocco durante la presentazione a Chez Donella, Treviso il 29.09.2022
L’ultimo brano, La danza della luce, è travolgente. Molto ipnotico. Donella: Anche un po’ … diabolico. Alfredo Tisocco: Qui la base ritmica è nuovamente di Tony Esposito. Poi in ‘Aisha’ sentirai la voce registrata di Giorgio Bisotto, e poi ancora Alan Bedin al canto e al tarang indiano e i fiati di Mauro Martello. Ultim’ora… Donella: Entro novembre uscirà un box a tiratura limitata contenente l’opera omnia degli Opus Avantra, ovvero LOUCOS e tutti gli album che abbiamo appena menzionato, con supporti editoriali e fotografici inediti.
Il 2 ottobre al teatro Masini di Faenza, nell’ambito del MEI diretto da Giordano Sangiorgi, ci saranno performance live di Donella e Tisocco nella formazione dei primi momenti.
Il nuovo cd jewel box di Opus Avantra “Loucos. Nel Luogo magico”
Ne scrissi nel 1977, collocandoli “sui versanti dell’avanguardia contemporanea”, e forse ero nel giusto se oggi il respiro degli Opus Avantra è consonante con i Dead Can Dance nella combinazione fra le voci di Donella Del Monaco e Liza Gerrard e nell’impianto elettro-etnico nelle mani sagge di Alfredo Tisocco e Brendan Perry. Brividi già nella mini suite d’apertura, fra Sigur Ros e i King Crimson di ISLANDS, poi Canto veneziano a fare eco alla chanson française, quindi le Variazioni veneziane con una Donella astrale sino al maestoso finale, il brillio blues di Venezia e il mare e la giocosità danzante di Soft Memory Tango. Questo album ti porta in un luogo magico: sul lato oscuro della luna. [Maurizio Baiata, Classical Rock #118 2022]
Ricordando Stratos e compagni oggi a Castello di Arzignano [Domenica 11 Settembre 2022 Il Giornale di Vicenza, Stefano Rossi]
Alan Bedin, Fabio Russo, Milco Merloni, Christian Chicco Capiozzo, Daniele Santimone
Sono passati esattamente 48 anni dallo storico concerto del 22 giugno 1974 degli Area ad Arzignano, tenutosi allo stadio Dal Molin per la Rassegna di Musica Pop d’Avanguardia. Il gruppo, tra i simboli più innovativi e sperimentali della nostra controcultura, ha lasciato senza dubbio un segno indelebile nella storia della musica italiana (e non solo). Ma anche nella memoria di chi, quel 22 giugno, era a vedere quel concerto. Ben netta era, all’epoca, la divisione tra generi musicali “tradizionali” e il rock (in questo caso sperimentale) che stava sempre più prendendo piede.
Il Giornale di Vicenza, Arzignano Domenica 16 giugno 1974
E adesso quella leggenda ritorna proprio ad Arzignano,al Castello, domenica 11 settembre alle 21 (ingresso gratuito), grazie alla formazione Hommage à Area, band voluta da Christian Capiozzo (batteria), figlio di Giulio che fu tra i fondatori degli Area. Con lui sul palco ci saranno Daniele Santimone alla chitarra, Fabio Russo alle tastiere e synth Arp Odyssey, Milko Merloni al basso e, dulcis in fundo, il cantante vicentino Alan Bedin (voce ed effettistica). Quest’ultimo ormai da anni segue le orme, sia dal punto di vista artistico che storico, di Demetrio Stratos, tanto da essere interpellato alcuni anni fa dal curatore della collana “Prog Rock Italiano” della De Agostini, Guido Bellachioma, a partecipare al coordinamento tecnico per la pubblicazione di “Demetrio Stratos, Live”, con la registrazione di una serata che Stratos tenne il 4 febbraio 1979 al Teatro San Leonardo di Bologna che era stata appena ritrovata. Nel corso del concerto odierno ad Arzignano verrà proposto un repertorio rappresentativo del gruppo, con tutti i cavalli di battaglia della band: “Luglio agosto settembre (nero)”, “L’elefante bianco”, “La mela di Odessa”, “Cometa rossa” solo per fare qualche esempio. Christian Capiozzo, cresciuto al fianco di tale padre batterista, si è messo in luce sin da giovanissimo per la diversa concezione di intendere lo strumento, in maniera non solo ritmica ma anche melodica. Un musicista versatile che si inserisce nei diversi generi musicali con personalità; compositore a sua volta, ha all’attivo diversi dischi come leader e come session man. Ma ha sempre, comunque voluto rendere omaggio al padre e a quella creatura, gli Area, che aveva fondato con altri sognatori, che avevano percorso strade innovative e sperimentali in un periodo assai fervido anche per il panorama musicale italiano. Il batterista, però, voleva esprimersi in un contesto musicale senza confini, andando oltretutto controcorrente rispetto al mercato discografico dell’epoca.
Valmarana, ora del tramonto. La valle sottostante pare un presepe. Immobile, silenziosa e puntinata di luci colorate. Gli alberi nel boschetto si stagliano verso la sera incipiente. Campane tubolari risuonano mosse da un vento leggero. Alan sorride e ci dà il benvenuto nel suo mondo. Da qui, messere, si domina la valle. E si dominano anche molti inutili orpelli di una modernità che Bedin rifugge. Ma senza lo snobismo di chi non partecipa al circo contemporaneo, ma con la calma e la serenità di chi semplicemente ha trovato la sua dimensione. Ed è una dimensione di comunione con corpo e spirito, innanzitutto una scelta naturale di valori.
Alan Bedin. Studio-casa Hanuman a Valmarana (VI)
Il percorso che Alan Bedin ha intrapreso negli ultimi anni, sposa spiritualità a musica, insegnamento a collaborazioni, comunità a ricerca personale. Un punto di arrivo (che non è mai una fine) dopo anni e anni di musica. Di lui si può infatti dire sia una vecchia volpe della scena vicentina. Fu voce solista nei “Sinergia”, più di vent’anni fa. Un collettivo che proponeva una miscela di prog, beat italiano e una sezione fiati spettacolare. Vinsero un “Sanremo Giovani” e pubblicarono un album “Mr. Freud” in cui classicità e ricerca cercavano una strada comune. Poi ci furono i lunghi anni in Cramps Records come direttore artistico. Attraverso la storica etichetta, Alan approfondisce l’amore puro per artisti come Demetrio Stratos o John Cage e per la scena prog italiana anni settanta. Un modo alternativo di concepire il progetto musicale, un approccio più intellettuale e filosofico. Le collaborazioni sono tantissime: Paolo Tofani, Ares Tavolazzi, Mauro Pagani, il gruppo d’avanguardia Opus Avantra. Poi viene l’esperienza de Il Magnetofono, trio jazzy italiano di musica d’autore, con il quale ha realizzato più di 300 concerti. Ma per la biografia vi rimandiamo al suo sito. Quello che conta è il qui ed ora, e si chiama “Hanuman”: scuola di musica e danza indiana. Entriamo nel suo studio, ci togliamo le scarpe, vediamo le immagini di Krishna sulle pareti. Ci sediamo.
Alan Bedin, Mauro Pagani. Hommage à Area, Cometa Rossa Alan Bedin e Mauro Pagani. Ghironda e violino per il tributo di Demetrio Stratos
Alan Bedin è un calmo fiume in piena. La passione e la gioia lo rappresentano. Non è il freak che ha trovato la religione indiana come stile di vita anticonformista o per nostalgia hippy o per emulare George Harrison. La ricerca di Alan è stata spontanea, ed è partita dalla musica, anzi, dalla voce. E da una sorta di classicismo legato alla storia dei gruppi della grande stagione del pop italiano. “Ristampare prog adesso è fare diffusione culturale, è riprendere due grandi scuole della musica italiana, è diffondere la storia dell’arte. Vi era un tempo in cui l’avanguardia in musica univa le culture più alte in maniera sinergica. Pensiamo solo alle Stelle di Mario Schifano. Successivamente nacquero due grandi scuole: il conservatorismo e la scena contemporanea avanguardistica o acusmatica, ed in questo, la voce italiana non anglofona ha portato uno strano effetto”.
Alan Bedin, Paolo Tofani, Christian Capiozzo. Area Reunion, Milano
Prosegue Alan:” l’Italia è tra i paesi in cui l’importanza della contaminazione delle arti ha avuto maggiore cittadinanza. E in particolar modo il mondo rappresentato dalle arti orientali. Nella musica orientale (musica modale orientale) non c’è più l’armonia, quel che vince è la melodia perché se una nota è continua e non ci sono più accordi, la voce diventa totale. La cultura sta cambiando. La musica più antica sta diventando moderna. Un retaggio che viene da Scelsi, Berio, dalla musica circolare, e che si collega alla musica indiana ciclica e rotativa. Il concetto chiave è quello di bordone, in cui si creano degli intervalli (raga) da noi dette “identità musicali”. Non c’è ego. Non conta affatto sapere quante note fare, quel che conta è sapere quali fare”.
Partho Sarothy, allievo di Ravi Shankar e Alan Bedin. Hanuman La Scuola di Musica e Danza Indiana, Vicenza
“Sono partito dal futurismo, dal rumore, da Marinetti e Pratella; Daniele Lombardi mi ha ufficializzato come futurista. Andavo a studiare la declamazione futurista. Ho capito che quello che mi interessava era arrivare al suono, all’essenza, al totale. Oggi qui da me vengono persone da tutta Italia per vivere una full immersion di musica italiana a capire l’arrangiamento delle diverse strutture. Ma lo trovi anche nel rock. Gente come PJ Harvey o Bjork o i Radiohead, tutti hanno studiato musica indiana. Per non parlare di Terry Riley o di Philip Glass”.
Mel Collins (King Crimson), Alan Bedin. Festival Vama Veche, Mar Nero
“Siamo imprigionati dalla triade dei soliti accordi, mentre senza alcun accordo e con una sola nota riusciamo ad essere liquidi, fuori dal sistema temperato e cromatico, e in questa liquidità io insegno. La laringe si rilassa, vi è un aspetto fisiologico fondamentale che porta la persona come “dentro” al suono per diventare alla fine più sensibile. Il cantante è lo strumentista più importante perché, se ci pensi, tutti gli strumenti cercano la voce. Ma chi strumentalizza la persona umana? Lo yoga, il nada, lo studio del suono. Immergersi in tutto questo è trovare l’essenza”.
Alan Bedin, Hare Krishna. Un sorriso infinitamente affascinante. Centro per la diffusione dello Yoga A.s.d. Scuola di Yoga Integrale – Metodo SãgarYoga®, Toscolano Maderno, Brescia
Fin dai tempi dei Sinergia, Bedin era interessato al bordone e alla voce come elemento principe. La dedizione verso Demetrio Stratos si sposava già con la passione per strumenti come la ghironda. Il suo percorso, se letto in successione, è lineare e coerente. Dal prog a Stratos, dal canto armonico ai raga, quindi all’India ed il suo mondo, e la sua religione. Dal punto di vista spirituale, Alan ha sposato la cultura hare krishna come forma della spiritualità indù. “Percepisco ogni divinità come forma musicale. Esiste una corrispondenza nella trimurti indiana (Brahma, Vishnu e Shiva) come le tre fasi in cui si crea, si conserva e si distrugge: questa dimensione mi fa scoprire sempre cose nuove”. “Quel che dico sempre ai ragazzi a cui insegno è: non suonare per te ma suona per il suono, la musica esiste e usa il tuo corpo per rivelarsi. Sento molto la tradizione della scuola orale, dell’insegnamento da maestro ad allievo. Ho 40 studenti in tutta italia. Tutti arrivano qui a Valmarana e la amano, ne conoscono la gente e le anime. Uso il sistema della musica indiana insieme a quello occidentale. Ho un mio metodo, che spiego in un libro che uscirà a breve.”.
Alan Bedin e il suo Sur Saji Tarang costruito dal maestro liutaio indiano Dharmapal Kedar di Mumbai, India
Non solo India nella vita artistica di Alan Bedin. È consulente artistico della Artis records. Ha curato la guida definitiva all’ascolto per un vinile inedito di Demetrio Stratos pubblicato da De Agostini. Ha un progetto che comprende le ristampe di alcuni titoli del catalogo Cramps. In Giappone ha pubblicato gli Opus Avantra nel cui ultimo disco, tra l’altro, compare anche lui insieme a Tony Esposito. Sta lavorando ad un suo disco in italiano, cantato, in cui unire il pop all’India. Ha una pubblicazione all’orizzonte a nome “Vīra” (sanscrito per “coraggio”) di musica totale con musicisti indiani e italiani. “Sono un figlio del suono. Non c’è suono che il cervello non sappia riprodurre se almeno una volta l’ha sentito. Il suono cura il corpo. E lo so bene, visto che insegno suonare la voce partendo dalla respirazione funzionale fino al canto moderno contemporaneo, nāda yoga. Usare la propria voce e non voler somigliare a qualcun altro. Non si canta ‘come’, ma ‘perché. Non serve il pezzo di carta, serve l’anima. Serve usare la propria voce e non voler somigliare a qualcun altro. E non serve il pezzo di carta, serve l’anima. Alla fine la mia vita è il mio lavoro”.
Alan Bedin editing, arragiamenti elettronici, acusmatica, Sur Saj Tarang®, voce e testo in “Venezia e il mare”, “Visione Aliena”, “Danza della Luce”,“Lido Promenade”
Gli Opus Avantra tornano con Loucos – Nel Luogo Magico. Esce per Artis Records [Cramps Music srl] Loucos. Nel Luogo Magico , il ritorno alla discografia del nucleo storico degli Opus Avantra capeggiati dalla voce inconfondibile di Donella Del Monaco e dai virtuosismi di Alfredo Tisocco al pianoforte e alla composizione, fondatori con Giorgio Bisotto, il filosofo del gruppo, che, anche se ci ha lasciati prematuramente, è presente oltre che con il suo grande spirito artistico, con la sua voce registrata.
Con loro l’altro fondatore, Renato Marengo, sin dall’inizio alla produzione, esattamente come 48 anni fa. L’album, Loucos che uscirà in digitale contemporaneamente in Giappone (lic. ULTRA Vybe Records), in Italia e su tutte le piattaforme internazionali, verrà a far parte di un corposo Box (a tiratura limitata nel primo semestre 2022). Il box, oltre a questo suggestivo lavoro conterrà altri quattro storici album, per un totale di cinque, di questo gruppo che è nato come movimento musicale prima ancora che come progetto artistico: Introspezione (1974), Lord Cromwell (1975), Strata (1977-89 ) e Lyrics (1995) . Gli Opus Avantra, nel loro magico connubio fra avanguardia e tradizione così radicalmente scritto nel loro nome, mescolano anche oggi in questo loro nuovo lavoro mondi vicini e lontani: classica, contemporanea, jazz, rock, tradizione ed etnica. Come recitava l’attualissimo Manifesto scritto in quel “vicinissimo” 1973:”Il nostro insieme musicale nasce da una esigenza di superamento dello stato di impasse in cui si trova il mondo musicale oggi. Possiamo infatti constatare che il mondo musicale, oggi è suddiviso in vari settori fra loro incomunicabili, legati alle stratificazioni socio culturali. Tale pluralismo tende a riprodursi, provocando situazioni sempre più mistificanti in quanto evitano di risolvere la frustrante condizione attuale di atomizzazione dell’individuo. (…) Senza negare la validità di certa musica contemporanea (ma anzi recependola) né i tentativi di alcuni gruppi pop, (ma anche senza nessun complesso verso le esperienze) la nostra si rivolge insieme al recupero di quel rapporto fondamentale e imprescindibile fra arte e popolo”. Proprio in questa prospettiva fra gli artisti che gravitano attorno al canto di Donella Del Monaco e alle tastiere di Alfredo Tisocco troviamo musicisti, di ieri e di oggi, solo pregiudizialmente tanto lontani fra di loro: c’è infatti il ritorno di Tony Esposito con le sue percussioni ei suoi suoni che, già negli anni ’70 aveva una fortissima virata verso la significato, un ritorno che ci ricorda quanto sia breve la distanza fra Venezia e Napoli, due città di mare, due popoli di naviganti prede di corsari e saraceni, una vicinanza che spalanca le porte ai ritmi sincopati dal sapore balcanico e assieme al martellare impetuoso dei tamburi e delle tammorre afro napoletane. E c’è anche Claver Gold che rappa poeticamente assieme a Donella e conduce inevitabilmente il progetto verso i suoni dell’oggi. E poi c’è la fondamentale collaborazione di Alan Bedin alla voce e al tarang indiano, agli arrangiamenti elettronici molto attuali, che ha messo le sue mani esperte anche nei missaggi curati da Nicola Frigo e da Stefano Bruzzolo. E il flauto, sempre perfettamente in bilico, assieme anche al sax, tra classico e rock di Mauro Martello. E ancora altri solisti d’eccezione alcuni dei quali già da tempo, come Mauro, con Donella in Opus, come Laura Balbinot al violoncello e Damiano Bacchin al violino, Pietro Bertelli e Valerio Galla alle percussioni, Mirko Satto alla fisarmonica , Andrea De Nardi al basso e Synt. Ma in questo Loucos vi è pure un grande rinforzo alla zona classica che percorre un po’ tutto il disco, con l’Evolution Tempo Ensemble diretto dal maestro rumeno George Natsis e la formazione di archi Passione Cvartet di Bucarest, spesso sul palco con Tisocco. Molteplici i filoni che si incontrano in questo lavoro: c’è l’amore incondizionato per Venezia e per la sua Laguna ben presente in tracce come Nel Luogo Magico , Canto Veneziano, Variazioni Venezian e, Riflessi d’Acqua , Ballata sulla Luna , Venezia e il mare, Lido Promenade e Danza della luce . Giorgio Bisotto, come si diceva, in questo nuovo disco degli Opus Avantra è presente in voce con il brano Aisha Intoccabile un suo racconto vibrante che narra dolorosamente di un evento drammatico e di bruciante attualità che lo segnò profondamente quando, “per pene d’amore”, si era arruolato nella Legione Straniera: là in Algeria aveva scoperto la tenerezza segreta per una giovanissima algerina, Aisha, che fu barbaramente uccisa dalla sua stessa famiglia a causa della sua fuga da un marito imposto e non proprio voluto, dopo aver realizzato la fuga presso la foresteria della Legione. Centrale l’omaggio, sempre in sintonia col Movimento musicale, a due grandissimi della musica come Riz Ortolani e Cesare Andrea Bixio. Il primo, Ortolani, con il coraggioso riarrangiamento di Now And Then, uscito con un bellissimo videoclip già al Mei di Faenza, che vanta gli inserti di Claver Gold. Il secondo, Bixio, con la rilettura personalissima, con un suggestivo preludio al pianoforte nell’interpretazione di Paolo Troncon, di Cette chanson si tendre, un brano in francese scritto negli anni ’30 da CA Bixio proprio per la celebre soubrette francese Mistinguett. Poi ci sono i momenti intimi e raccolti come, oltre alla stessa Cette chanson si tendre : Tempo Infinito, Aisha intoccabile, The Last Sky, Prima o poi ricorderai, Visione Alien a e Soft memory Tango . Le foto di copertina e del libretto sono del fotografo veneziano Marco Sitran. Profondo, oggi come allora, l’obiettivo di poter cambiare il mondo grazie alla musica che, molto oltre l’essere piacere e bellezza, sa entrare nelle fibre della memoria e divenire un elemento identitario di una persona o di una generazione o di un popolo. Oggi questo anelito al cambiamento è scritto proprio fra le righe dell’omaggio alla Laguna di Venezia dove trapela un monito che vuole ricordare la fragilità dell’eco-sistema che si sta manifestando su tutto il pianeta. Ora l’intera Umanità non ha più tempo, deve agire responsabilmente per rispettare la Natura con l’uso dell’Energia verde rigenerabile, a difesa dell’Aria che respiriamo, dell’Acqua che beviamo, della Terra che ci nutre con i suoi frutti e del Fuoco che ci dà l’Energia per la Vita.
[(c)Alan Bedin 2021, coord. artistico e performativo. Guida all’ascolto realizzata da Alan Bedin per l’inedito di Demetrio Stratos, collana in vinile “Prog Rock Italiano”, De Agostini]
Come espresso da Aldo Colonetti in una pubblicazione della Cramps curata da Gianni Sassi, possiamo definire il percorso di Demetrio come una ‘trasgressione consapevole’ quell’essenza che costruisce la grande regola delle espressioni artistiche del 900’. Il suo essere poliglotta, l’approccio estremo al ‘rumore-suono’ lo ha predisposto a conoscere da vicino la musica classica indiana, iraniana, cinese. Quindi prima l’identificazione e poi l’assimilazione della qualità proiettiva delle cavità risonanziali (risonatori), elementi fondamentali per differenziare la struttura spettrale armonica delle strutture vibranti del cantante. Il carattere multifonico di Stratos si accosta alla tradizione centroasiatica ed è connesso a tecniche di spostamento dei rapporti morfovolumetrici all’interno della bocca durante l’emissione di un suono nasale continuo (N). Quindi la sovrapposizione di vocali continue che cambiano in continuazione, allo stesso modo le stesse declinate con più interpretazioni grazie alla lingua (L) in movimento all’interno della bocca, agile nel palato duro come un dito di un musicista sulla corda del suo strumento.
Illustrazione di Osvaldo Casanova in esclusiva per alanbedin.com
Lato A 0 – 4’02” VOCE LIQUIDA Iprotusione e arrotondamento del fonema vocalico (U) + (I) Passaggi di avvicinamento (U) e allontanamento (I) delle commissioni labbiali Realizzazione del fonema consonantico (L) Passaggi da suono dentale a alveolare (condizione di riposo) a palatale (dorso linguale)
Le prime cinque tracce di questa pubblicazione sono originariamente custodite in un unico nome: Investigazioni (Diplofonie e Triplofonie). Il coordinamento artistico ha volutamente suddividere in titoli la prima parte della performance per valorizzare a pieno le diverse tecniche e atteggiamenti vocali dell’Uomo Voce. La sua capacità compenetrata in una struttura fisica predisposta a produrre suono è il vero rapporto organico tra sistema fonoarticolatorio e strumentazione sonora. Uno strumento non meccanico ma vivo, riscaldato dal sangue mediterraneo che scorre in un gigante della storia della musica sperimentale internazionale. In questa prima traccia D. orienta l’ascoltatore presentando il suono vettoriale che si ottiene emettendo un suono nasale di base (N) e realizzando ‘sopra’ un liquida ( fonema consonantico L) ottenendo all’ascolto un armonico, quindi una polifonia.
Lato A 4’05” -5’25” VOCE RISONANZIALE D. intervalla l’ambiente sonoro realizzato fino ad ora con la sua bocca aperta proponendo al pubblico un nuovo suono fondamentale di origine nasale, ma su un registro più alto. La sua attenzione si pone a non utilizzare le labbra, ma bensì variare il suono in uscita attraverso lo sfintere velo faringeo. Con una valvola fisiologica riesce modificare, intervallare.
Lato A 5’27” – 7’29” VOCE VETTORIALE CON MOTO MELODICO Realizzazione del bordone: fono allofono (ŋ), suono nasale (N) Introduzione e produzione di varianti combinatorie del velo palatino dalla radice linguale (G) Moto melodico e ritmico mantenendo una posizione di protusione labiale in fonazione (U,O) diversificando l’uscita del suono dalla bocca con una semi-occlusione in movimento, avvicinando e allontanando il labbro superiore da quello inferiore.
Come nella prima traccia D. trattiene il suono nasale N e una posizione persistente con le labbra in fonazione. Con un suono bordone (base) tra U e O introduce un secondo armonico ma stavolta coinvolgendo il velo palatino, esattamente con il fonema G mette al lavoro la radice linguale. Il suo essere poliglotta gli permette di conoscere e utilizzare consapevolmente dei suoni nuovi, scrupolosamente con un fono allofono (ŋ) riesce gestire miscelando contemporaneamente la cavità del naso e della bocca. In maniera rilassata compone un moto melodico e ritmico avvicinando e allontanando le labbra. La struttura spettrale armonica del cantante sta assumendo un carattere multi fonico. Il pubblico comincia assimilare un nuovo modello di fonazione, un ambiente acustico innovativo, primigenio, legato alla tradizione centroasiatica.
Lato A 7’32” – 9’06” MICRO ORCHESTRAZIONI, enviroment difonico Reclutamento e costrizione della laringe superiore durante l’inizio della fonazione (I,U) per arricchire di suoni armonici la vibrazione primaria. Variazione dell’onda sonora in uscita creando una ulteriore cavità di risonanza dopo le labbra (prolungamento tratto vocale) accostando i palmi delle mani alla bocca imitando un’ocarina, alterando e ampliando di conseguenza la formante del canto In posizione di protrusione labiale in fonazione (U,O) diversificando l’uscita del suono dalla bocca con una semi-occlusione in movimento, avvicinando e allontanando il labbro superiore da quello inferiore.
La consapevolezza dell’arruolamento delle proprie cavità risonanziali, l’uso prestabilito delle vocali e consonanti con la giustificata respirazione ha permesso a D. di raggiungere risultati ed effetti eccezionali, che non devono esser visti come un risultato, ma preferibilmente come stimolo e punto di inizio per la nuova ricerca vocale. Acusticamente in questa traccia (fisicamente parlando), la monodia viene polverizzata dalla demoltiplicazione dello spettro acustico (difonie, triplofonie,quadrifonie dalle armoniche), ma spiritualmente assistiamo ad una forma di sacralità dove tutti noi ci intercaliamo, ci conosciamo e ci emozioniamo. Oltremodo questa tecnica da un punto di vista scientifico i suoi risultati sono stati a dir poco entusiasmanti sviluppando prima l’interesse e poi la collaborazione del CNR di Padova contribuendo alla stampa di due pubblicazioni scientifiche, elogio alla sua capacità di ampiezza vocale e forma d’onda purissima. In questa traccia la costrizione della laringe superiore durante l’inizio della fonazione (I,U) rende la sua voce ricca di suoni armonici creando un effetto di stratificazione. In conclusione della performance D. varia l’onda sonora in uscita prolungando il tratto vocale dopo le labbra accostando i palmi delle mani alla bocca e – come un ocarina – ‘suona la sua voce’ con le dita ampliando di conseguenza la formante del canto. Inoltre su una fondamentale varibile esegue note ravvicinate (non appartenenti al sistema temperato) destabilizzando l’ascoltatore dagli abituali intervalli melodici. Oltre aver presentato questa tecnica africana egregiamente sul suo ultimo disco realizzato con il gruppo Area (1978 Gli Dei se ne vanno,gli arrabbiati restano. Ascolto 1978) ricordiamo la sua intervista-lezione sul video “Suonare la Voce” uscito in formato VHS con Cramps Records nel 1994.
Lato A 9’09” – 13’04” Voce pulsionale e simpatetica Realizzazione del bordone: fono allofono, suono nasale (ŋ) Varianti combinatorie alternate velocemente di movimenti velari (G) con la radice linguale (base lingua) con la finalità di produrre risonanza all’interno della cavità buccale
D. nei suoi interventi conferma la sua abilità nel mantenere la frequenza fondamentale della voce assolutamente stabile decidendo poi con precisione su quale intervallo intervenire con un 2° suono. Su questa traccia attraverso varianti combinatorie di movimenti velari (G) con la base della lingua riesce generare dei suoni brevi, corti quasi percussivi all’interno della bocca cambiandone la tonalità e il timbro attraverso la risonanza, l’apertura della bocca. Nelle sue spiegazioni prima di questo frammento, attraverso rappresentazioni visive o metafore, forniva sempre all’ascoltatore gli strumenti per conoscere e intraprendere la sua tecnica come qualcosa di raggiungibile. Ricordiamo l’espressione figurata ‘palline da ping pong che ‘battono sulle pareti scelte a monte’ all’interno del box laringeo. Input celebrali che generano suoni che per simpatia entrano in risonanza all’interno della bocca, quasi per comprovare le teorie trattate nei suoi seminari universitari (la teoria neurocrassanica e mioelestica sulla voce).
Lato A 13’06” – 14’43” Parole di Demetrio Stratos
Lato A 14’45” – 17’15” Criptomelodie infantili Ollèdnurìd nurìd nurìd olletsàc leb ehc am Tecnica di Mirror speaking (fonazione ingressiva, cantare all’incontrario) Vocal fry inspiratorio. Suono realizzato da vibrazione cordale prodotta in ispirazione Mix Articolatorio labbiale, esecuzione marcata dei fonemi vocali e consonantici Abbassamento della laringe durante l’emissione per allungare il tratto vocale
Lato A 17’17” – 19’46” Criptomelodie infantili ma che bel càstello dìrun dìrun dìrundèllo Tecnica di Mirror speaking (fonazione ingressiva, cantare all’incontrario) Vocal fry inspiratorio. Suono realizzato da vibrazione cordale prodotta in ispirazione Mix Articolatorio labbiale, esecuzione marcata dei fonemi vocali e consonantici Abbassamento della laringe durante l’emissione per allungare il tratto vocale
Diciamo tra i frammenti più entusiasmanti del suo concerto per ‘bocca solista’contenuto in questo documento. Precisamente per la tecnica di mirror speaking, infatti D. non si accontenta di leggere all’incontrario le parole ma ricorre ad una fonazione ingressiva, realizzando il suono dalla vibrazione cordale… inspirando. Un gioco azzardato ma intrigante come quello dei bambini che – ancora inconsapevoli del loro sistema fono-articolatorio – parlano e ridono inspirando. Una melodia di un tema famossimo della nostra infanzia, un’essenza cristallizzata ma espresso in negativo nella pellicola dei nostri ricordi. ‘olletsàc leb ehc am’: l’esecuzione marcata dei fonemi vocali e consonantici, il consapevole abbassamento della laringe durante l’emissione per allungare il tratto vocale. Arte! Poi il gioco del Maestro si rende più affascinante con l’ascolto del nastro all’incontrario nel riproduttore sopra il tavolino: ‘ma che bel castello’. Tutto ritorna! Abbiamo riscoperto una voce che avevamo perso! La traccia per la prima volta è stata straordinariamente registrata allo Studio Sciascia Rozzano di Milano nel 1978 per il suo secondo lavoro solista ‘Cantare la voce’ marchiato Cramps Records. Un disco degno di esempio contenuto nella collana ‘Nova Musicha’, (esattamente il n.19). Raccolta che è riuscita accogliere artisti della scena contemporanea come John Cage e Ennio Morricone. La ritengo la più completa documentazione degli aspetti e delle tendenze dei compositori classici contemporanei.
Lato B 0’ – 1’14 ” Parole di Demetrio Stratos
Lato B 1’16 ” – 3’26 ” Le Sirene Architettura prosodica ‘Brano musicale architettonico’ a 4 voci miste. Tecnica di overdubbing in tempi musicali diversi. Recitazione in simultanea di una voce dal vivo su 3 precedentemente sovraincise in studio di registrazione. Esempio di ‘lettura afasica’ attraverso fonemi e sillabe di diversa intensità sonora.
Un ambiente prosodico (termine sviluppato e divulgato dall’artista didatta Matteo Belli), un enviroment musicale di avanguardia vocale… Anzi un ‘brano musicale architettonico’ a 4 voci miste. D. usa la tecnica di Overdubbing in tempi musicali diversi attraverso la recitazione in simultanea della sua voce dal vivo su tre precedentemente sovraincise in studio di registrazione. Con questo esempio di lettura afasica (risultato simile al modo d’esprimersi dei sordomuti) siamo di fronte all’ennesima sfida dell’artista per scoprire i limiti del linguaggio. Con una tecnica di recitazione a 3 tempi musicali diversi, l’accentuazione delle consonanti diventano riferimenti acustici per l’ascoltatore, punti luminosi in ambienti oscuri più o meno artificiali realizzati da riverberi e delay che si aprono e che si prosciugano. Una partitura di musica vocale programmata incontestabile congegnata da ritmo, tonalità, timbro, dinamica (partitura prosodica). Il suono emesso e modulato da appurati movimenti della lingua nella cavità risonanziale della bocca: dalle labbra al palato molle per offrire nell’insieme un effetto acustico tridimensionale, spaziale dove lo spettatore può muoversi, viverci all’interno.
Lato B 3’29’’ –12’37” Tema popolare improvvisazione Percorso geografico musicale Brano musicale vocale di ispirazione popolare, tradizionale. Improvvisazione, variazione del tema ‘Cometa Rossa’ utilizzando diverse tecniche vocali sperimentate nei vari lavori eseguiti in gruppi musicali e singolarmente.
La realtà della Voce, non è più nella parola conosciuta, ma nel suono primordiale. Questa unione di frammenti vocali la possiamo considerare senza dubbio ad un una definitiva nomenclatura delle tecniche vocali di D. usate nel suo repertorio stilistico, sia come performer solista che come cantante di diversi progetti musicali: nei brani dei suoi Area, nell’ospitata per “Mauro Pagani” Ascolto 1978 con le due versioni de “L’Albero del Canto”. Un brano di ispirazione popolare tradizionale unico per intensità, complessità e minimalismo, quest’ultimo elemento artistico-stilistico che si immette in questo flusso sonoro attraverso la reprise di Cometa Rossa, lirica greca presentata per la prima volta al grande pubblico con l’album Area “Caution Radiation Area” Cramps Records 1974. Occupandosi di etno-musicologia il suo avvicinamento alle culture extraeuropee gli ha permesso di affrontare il concetto di voce strettamente legata alla spiritualità, intesa come energia connessa al Suono e con questo viaggio musicale D. ‘racconta’ al pubblico attento la limpida autenticità della musica etnica attraverso diverse tecniche vocali: dalla tradizione greca dell’epiro alla musica iraniana e cinese, dall’unità microtonica del raaga indiano alle tecniche tuvane della Mongolia, il tutto narrato attraverso una forma espressiva che rievoca la musica vocale e l’espressione drammatica del teatro coreano P’ansori. Suono e respiro di un ricercatore incomparabile per un glossario predestinato allo studio del cantante moderno contemporaneo.
Lato B 12’39’’ –16’55” Flautofonie ed altro. Aulòs. Canto dei Pastori. Brano musicale vocale di ispirazione modale, tradizionale. Realizzazione di un motivo musicale riproducendo il suono del flauto Voce flautata, piccolo specchio militare e percussioni facciali.
Con questa track D. presenta al pubblico un diamante dell’arte vocale. La tendenza dell’avanguardia vocalistica del periodo era quella di imitare gli strumenti, forse perché stimolati dalle ultime tendenze come sintetizzatori o tastiere. Con questo canto tradizionale – appartenente alla cultura popolare dei pastori greci dell’Epiro – il maestro della Voce ha presentato un modello vocale unico per il suo primogenito concetto: essere lo strumento, non copiarlo. Lui stesso diceva che “(…) I grossi maestri indiani, quando suonano uno strumento, il più grosso complimento che si possa fare è: Suoni lo strumento come la voce”. Con questa visione tutt’altro che occidentale D. presenta a differenza delle altre tracce, un motivo musicale, una melodia riproducibile e riconoscibile da tutti gli amanti e ascoltatori del canto sperimentale contemporaneo. Il suo innovativo sistema consiste di reclutare distintamente due parti del tratto vocale a seconda del tetracordo cantato, puntualmente come l’esecutore posa la mano destra e sinistra sul flauto separatamente per il registro alto e basso. Con una stabilità di sostegno e un controllo assoluto dell’intonazione attraverso l’uso predominante delle vocali ‘I’ e ‘U’, D. – per il motivo musicale con il registro alto – utilizza la zona degli alveoli del palato duro attraverso la consonante ‘L’, mentre – per le note nel registro basso – una espirazione rilassata proponendo un suono ‘CH’ (Sh) avvicinando l’apice della lingua all’arcata inferiore dei denti. Un’tipo di jodel’ presentato in un evento musicale regolare, attento; tagliente nelle note alte e rilassato-arioso nelle note basse. Una tecnica simile stilisticamente ai canti delle tribù Tuareg dell’Africa Sub sahariana, che Demetrio è riuscito personalizzare e impiegarlo nel pop. Come dimenticare la dionisiaca esecuzione della flautofonia su “Return from Workuta” nel suo ultimo Lp registrato con gli Area “1978 (Gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano!)” album meraviglioso dove a mettersi in luce è soprattutto lui appunto per la sua competenza vocale straordinaria: sia per il timbro che per l’uso innovativo del testo scritto. La linea melodica composta da 6 suoni presente in questo Lp è stata riproposta anche in un altro concerto registrato e prodotto precedentemente dalla Cramps Record a Cremona il 21 settembre 1978. Si tratta di “Recitarcantando”, album dal vivo suonato e improvvisato con il violinista Lucio Fabbri. Un’altra registrazione significativa di questo frammento si trova in un cd uscito postumo realizzato per la rivalutazione del catalogo storico Cramps nel 1998. Si tratta di “Live all’Elfo” registrazione della performance eseguita nel 1978 presso il teatro milanese Elfo Puccini gestito al tempo dal regista Gabriele Salvadores. Un particolare non trascurabile è che il maestro durante l’esibizione utilizzava un piccolo specchietto militare (regalato dall’amico produttore Gianni Sassi) per controllare finemente i movimenti delle labbra durante la fonazione. In certe situazioni ritmava l’esecuzione attraverso delle percussioni facciali colpendo le guancie, avvalendosi della cavità risonanziale della bocca.
[Intervista di Maurizio Baiata per Classic Rock, Novembre 2022]
Negli anni 70 erano considerati Prog. Ma gli Opus Avantra provengono da un altro mondo, assai più complesso e misterioso: l’Avanguardia
Chi si avventura nel mondo della musica contemporanea corre il rischio di venire emarginato, di essere tacciato di tentare espressioni elitarie, fuori dalle regole, fuori dal gioco, vero? Lo sono stati, lo sono ancora, gli Opus Avantra? In questa intervista, rispondonoDonella Del Monaco (D) e Alfredo Tisocco (A), che con Giorgio Bisotto (venuto a mancare alcuni anni fa) e Renato Marengo diedero vita a un mini[1]ensemble di grande importanza per la musica avanzata dei primi anni Settanta. In uno speciale “Avanguardia” di «Best» c’era una mia scheda su Opus Avantra: era il maggio del 1977.
(D)Donella: Lo ricordo: bello, con le foto scattate da Umberto Telesco, al Florian di Venezia.
Lì scrivevo: “Sono sui versanti dell’avanguardia contemporanea fra il Liberty e Hindemith”, dati i primi due album, INTROSPEZIONE e LORD CROMWELL PLAYS SUITE FOR SEVEN VICES.
(A)Alfredo:Nel ’78 era pronto il terzo, STRATA, ma la Cramps non l’ha pubblicato. Avendo rilevato la casa discografica di Gianni Sassi, nell’89 lo abbiamo fatto noi: così è uscito per la nostra etichetta Artis Records…
Poi nel ’96 è arrivato LYRICS e ora questo, il quinto.
Il cui ultimo brano La danza della luce ricorda i Dead Can Dance. Vi si può definire due band parallele?
A: C’è un parallelismo, la fase della danza deriva dalla mia convivenza con la musica rumena e balcanica. Che gioca su due varianti e un semitono, Mi minore e Fa maggiore. E poi finisce in La e ripete tutto il giro che inizialmente era in 5/4, ma che per un ambiente più rock ho ridotto a 4/4… Una musica ossessiva…
Molto ipnotica.
A: La base ritmica è di Tony Esposito, all’inizio c’è anche Sasha e poi l’introduzione è ad opera di Alan Bedin: voce e uno strumento indiano, il tarang.
Mauro Martello, flauto e digital saxophone; Emanuele meme Giordani, batteria; Alan Bedin, Harmonium, tarang, elettronica, voce
Il brano che apre l’album mi sembra un capolavoro. Al primo accenno ti senti percorso da brividi prodotti da frequenze che, con la voce di Donella, “prendono dentro”…: È un tema neoclassico che riporta a melodie ottocentesche, con la base degli archi molto forte e l’entrata del flauto e la voce. Dentro ci sono quattro pezzi, uno tratto dal concerto di Bucarest… poi La danza della luce e le Variazioni veneziane…
D: Che sono però molto giocate…
A: …in connubio fra il romanticismo di Paganini e Vivaldi, ecco perché le “veneziane”.
La chiusura è un unico accordo di pianoforte sorretto da una base orchestrale…
A: Infatti, mentre lei entra con la voce quasi in…
D: …una specie di evocazione diabolica, stregonesca…
Ma nel testo c’è “Je suis le ciel – Je suis la mer…”.
D: Sì, è in francese, un attimo di meditazione, in un luogo magico, dove l’anima rinasce, e la persona si identifica con il cielo, il mare e poi dice “io sono, sono, sono”.
Alfredo Tisocco, pianoforte; Donella Del Monaco, voce
A: LOUCOS – NEL LUOGO MAGICO lo avevamo pensato nel periodo 2000-2005, a completamento della nostra partecipazione… al “Prog”…
D: Un po’ borderline…
A: Abbiamo sempre lavorato su una fisionomia “a programma” come nei “concept album”, nel primo c’era la storia di Donella…
D: L’“Introspezione”.
A: Nel secondo, una reminiscenza delle storie pianistiche, nel terzo, STRATA, erano gli “stati mentali”… poi LYRICS che richiamava un mix quasi esoterico…
D: Sì, di temi paleo veneti, testi arcaici.
A: E nel quinto volevamo tornare al luogo magico.
Donella è trevigiana…
D: Sì e mi sono laureata a Venezia, dove ho vissuto e ho casa.
A: Il marito di Donella, Giorgio, era veneziano. Io sono vicentino, ma ho studiato a Venezia, al Benedetto Marcello… e c’è Mauro ai fiati
Non siamo nati o cresciuti Prog. Siamo quasi dei Don Chisciotte
Donella Del Monaco
D: Flauto e sassofono. In un altro pezzo, transitorio, facciamo una sorta di “promenade”, che si chiama Tempo infinito…
È musica “concreta”, i suoni dalla vita di tutti i giorni, poi montata e armonizzata. Ma con quale fine?
D: Allargare i confini della musica strutturata, fare entrare in quel mondo i suoni, creando una dimensione che ti avvolga e che ti porti alle sfere più alte dell’esistenza. Una ricerca interiore tramite le emozioni che, “teoricamente”, dovrebbe suscitare. Non sempre ci si riesce, ma i suoni della natura, del vento, dell’acqua, aiutano nei momenti di ricerca del Sé.
Tutto ciò che è tribale si nutre del contatto diretto con la natura. Basi sonore arcaiche, provenienti dall’Africa o dalle tradizioni aborigene legate agli Elementi, si ravvisano nel film Picnic ad Hanging Rock, in cui il flauto di George Zamfir permea la storia e il suo mistero.
D: In perfetta simbiosi con la Natura.
A: Loro fanno molta monodia, si basano su ritmi naturali, prodotti sui legni, sulle pelli. Territori che abbiamo esplorato, alle cui reminiscenze aggiungiamo la polifonia, le voci…
D: Che fanno parte del nostro DNA.
A: Restando aperti alle altre esperienze, dall’orientale al medio-orientale, e soprattutto balcaniche… E anche francesi.
D: Certo, ma Venezia storicamente è stata sempre punto di scambio fra Oriente e Occidente, di mescolanze e influenze infinite.
Però tu preferisci cantare in francese.
D: Sì, spesso. Ho fatto dischi specialistici, tutto Erik Satie, Reynaldo Hahn e Les Chansons Grises con i testi di Paul Verlaine, ho lavorato parecchio a Parigi. È un mondo in cui mi riconosco.
A: Nella sequenza dei brani, basati sulla ricerca sui Balcani e la “venezialità”, dal Luogo magico che è l’enunciazione, il passo dei flauti de Il tempo infinito suggerisce che il primo soffio che l’Umanità ha fatto con una canna di legno è il ricordo del superamento della primordialità e l’inizio del percorso umano nella cultura.
E poi c’è il quinto, Aisha è intoccabile… Che è molto emozionante.
D: La voce è di mio marito, Giorgio Bisotto, che lo ha recitato un mese prima di venire a mancare. Cerco di non ascoltarla tanto…
A: Il sesto è Riflessi d’acqua…
Tanto immaginifico da essere accostabile a Morricone.
A: Molto armonico, da colonna sonora. Fino a ora, di mio ho pubblicato undici singoli fra musiche per coreografie e danza, studi sulla tastiera, sul pianoforte e sulla “enefona”, la teoria che coglie il passaggio fra la scala armonica di sette note e la dodecafonica di 12 note. Nella enefonia si evidenziano politonalità e pentafoniche, quindi scale cinesi e monodiche orientali e mediorientali.
Venezia e il mare, invece, si tramuta in un blues potentissimo.
A: È venuto alla fine. Alan Bedin è uno studioso dell’India e di Krishna, ma anche di blues e si sente, poi portato più marcatamente da Sasha e Tony Esposito sui versanti sudamericani. E avevamo inserito anche un omaggio a Cesare Andrea Bixio…
D: Con la sua Nanou, Miki, Cette Chanson si tendre, una canzone che Bixio compose per la grande cantante e soubrette francese Mistin[1]Guett… lei è un mio pallino. Una vedette del café chantant che conobbe gli spiriti artistici più alti degli anni Venti, da Pablo Picasso a Stravinsky. Ed ecco il collegamento Parigi-Venezia.
Parliamo dell’esperimento coraggioso con il rapper Claver Gold.
D: Claver aveva preso una nostra canzone, Il pavone, come leitmotiv di un suo brano, e ne aveva fatto un video molto bello. Lo contatto su Facebook e gli dico, ‘rifallo e metti pure il titolo Soffio di lucidità’, che è mio…
A: Situazione ingarbugliata in cui correvamo tutti il rischio di perdere ogni diritto. L’hanno risolta lo stesso Claver e mio figlio Alfred, avvocato, membro dell’AFI ed esperto di editoria. D: Il video di Soffio di lucidità ha fatto quattro milioni di visualizzazioni.
Il gruppo Opus Avantra non è solo uno dei migliori nell’ambito di ciò che è stato chiamato rock progressive, ma è anche portatore di una filosofia musicale, di un’estetica che oggi, dopo quasi 50 anni dalla fondazione avvenuta nel 1973, si trova in perfetta sintonia con la Musica del Presente, come dimostra l’ultimo lavoro LOUCOS. Opus Avantra ha precorso i tempi, oggi il rock non è più possibile chiamarlo progressivo, lo era negli anni Settanta quando si apriva a esperienze molteplici e superava lo schema della strofa e ritornello col riff. Oggi il vecchio prog è diventato altro, non più legato al concetto di progresso ma a quelli di attraversamento e di molteplicità, dai quali alimentare una creatività aperta e plurale. È incredibile come Opus Avantra sia riuscito a mantenersi un punto di riferimento, con la voce inconfondibile di D. Del Monaco e con l’attività compositiva e pianistica di A. Tisocco, che furono i fondatori del gruppo assieme a G. Bisotto e R. Marengo. La grande abilità dei singoli è al servizio del sound d’insieme, come nel miglior jazz vi è un interplay perfetto, come nel miglior rock un’energia travolgente che scaturisce dalla convinzione con cui tutti i musicisti s’intrecciano nel progetto, come nella migliore musica classica senso della forma e bellezza di suoni.
Renzo Cresti
Spieghiamo ulteriormente.
D: In origine era una canzone anni 70 cantata in inglese dalla bravissima Katyna Ranieri, la moglie di Riz Ortolani, che l’aveva composta. Renato Marengo mi ha suggerito di farne un omaggio a Ortolani, ma era difficile. Allora per i testi ho inserito Claver Gold, traducendo liberamente le parole in italiano per adeguarle alla canzone.
Veniamo a questa vostra “associazione” con il Prog, definizione che verso il ’72-73 stava a indicare una musica proiettata in avanti… Ma voi siete Avanguardia.
D: La nostra musica ha diverse provenienze, soprattutto classiche e dalla contemporanea. Cerchiamo sempre di creare musica “inclusiva”, come dice il musicologo Renzo Cresti. Ed è anche il mio pane, dati i miei sette anni di convegni sulla musica di oggi, con la Biennale di Venezia e l’Università Ca’ Foscari. Negli anni 70 era chiaro: facevamo musica per cambiare il mondo, la società e tutto. Anche quelli della contemporanea e del rock volevano cambiare tutto, eravamo dei puri. Pane e musica, dei soldi non ci importava niente. Adesso è il meccanismo, miliardi di tendenze, cui non si riesce a stare dietro, con internet e le piattaforme di ascolto che hanno aperto a dismisura le possibilità…
A: La nostra è un’etichetta di nicchia e di avanguardia, quindi siamo in “rock opposition”. E invece ci hanno inserito nella sventagliata del prog….
D: Non lo abbiamo voluto noi, non siamo nati o cresciuti prog. Siamo quasi dei Don Chisciotte…
All’inizio, in Italia la deriva sinfonica aveva unito compositori classici o di colonne sonore, come Bacalov, ma i rocker avevano il fattore fondamentale dell’elettrificazione, che a voi in partenza mancava.
A: L’avevamo solo nella fase sperimentale. Sono stato fra i primi fautori del Moog di Robert Moog, degli Arp Synth monodici e polifonici, sommati all’evoluzione dello Yamaha e del Roland, ora polifonici. L’oscillazione del suono elettrificato rappresentava una mirabile variante creativa… Battiato ne resta l’esempio più grande e lampante.
D: Il cosiddetto Prog in quegli anni è scaturito dalla rottura dei generi, dalla contaminazione nella ricerca in varie forme, anche alla canzone… movimenti tutti che hanno dato molto all’ultima parte del Novecento, collegando tempi e generi fra loro lontanissimi, tanto che credo entreranno nei libri di Storia della Musica. Oltre all’elettronica, l’innovazione c’è stata in tutti i campi e anche noi e i tanti artisti coinvolti abbiamo cercato di trovare una via di collegamento.
C’è un cofanetto in arrivo.
A: Abbiamo a lungo parlato dell’idea di ripercorre tutta la nostra storia in un box e ora sta per uscire: probabilmente lo chiameremo 48 BOX OA, perché sono passati 48 anni da quando abbiamo calcato il palcoscenico del teatro delle Arti di Roma, nel 1974, per la prima rappresentazione sotto Trident, l’etichetta di Maurizio Salvadori e Angelo Carrara. A: Sì, persone che, dopo cinque dischi di rock e prog, con coraggio ci hanno accettato – ed è stato bravo Renato a farci entrare nel giro – con Tony Esposito e così via. La sequenza è storica. Oltre ai cinque vinili a colori diversi, ci saranno sei Cd, il video del concerto di Tokyo, una penna di pavone, un poster e un libro, un saggio i cui autori sono Marengo, Donella e… tante fotografie.
La distribuzione giapponese dei titoli italiani d’avanguardia seguiti da Alan Bedin di Hanuman e dalla fondamentale collaborazione tecnica di Nicola Frigo e il suo Haunted Studio
L’amicizia prima di tutto. Quella tra me e i due Mr. Tisocco… per essere precisi il rapporto con Erik Alfred con il quale ho sollevato dopo anni di silenzio il glorioso catalogo sempre-verde della Cramps Records con la gestiosa meticolosa di Cramps Music. Dal grande lavoro di gestione editoriale e amministrativa da parte di E.A. alla rivalutazione dei titoli, delle copertine, del cartaceo, del supporto fisico (dati non scontati in quest’epoca digitale). Poi degno di nota il rapporto artistico con Gianalfredo, in arte Alfredo Tisocco che con altri miei Maestri internazionali è stato un grande esempio artistico ed umano: la conoscenza e la comprensione della musica contemporanea, la consapevolezza dell’arte dell’improvvisazione e dei sistemi di visualizzazione della nuova semiografica. Poi la collaborazione insieme per dei concerti di Opus Avantra in Italia, Est Europa e Giappone. Ecco fermiamoci sul Giappone! Quest’anno un mossa molto rilevante per il catalogo Artis Records, divisione di Cramps Music: Shin Katayama produttore musicale, regista, A&R e scrittore musicale giapponese principalmente di prog rock e musica italiana ha condiviso e manifestato apertamente con Alfredo Tisocco la sua stima e considerazione per il gruppo Opus Avantra e per la vivacità ed esuberanza artistica espressa nelle opere pianistiche in solo che ha sempre contraddistinto Alfredo nel panorama italiano contemporaneo. Da lì la scelta discografica! Riproporre i titoli indimenticabili del gruppo Opus Avantra e in esclusiva internazionale l’ultima opera del gruppo di Alfredo e Donella Del Monaco.
Poi la stampa dei titoli di Alfredo Tisocco – da Kátharsis la sua discografia ha da sempre contraddistinto il catalogo della Artis Records: Ritagli d’anima, Ballet Collection, Le Grand Verre, Ferrofania, Unica Zurn riproposti per la prima volta in paper sleve dalla Strange Days Records nel 2008. Da qui l’esigenza di riprendere in mano le perle musicale dell’archivio storico nascosto di Alfredo, intendo le sue bobine, i dat ma specialmente i floppy disk (…) infatti molto materiale di Alfredo era stato salvato personalmente da lui (compositore – esecutore – performer – improvvisatore) durante i concerti oppure durante i suoi studi in solitaria con il suo piano a coda attraverso il primordiale e originale sistema Disklavier™, un punto d’incontro tra maestria, manifattura e tecnologia dalla fine degli anni ’80. L’unico pianoforte a possedere un sistema di riproduzione completamente integrato e che ha permesso al nuovo team tutto italiano (Alan Bedin, Hanuman aps + Nicola Frigo di Haunted Studio) dopo anni – esattamente 30 – di riprendere i files midi e rielaborarli salvandone il suono originale o ricreandolo in studio insieme all’artista salvaguardandone le tensioni, la velocity del tasto in quanto la pressione dei martelli sulle corde, che a sua volta cambiava il tono e il volume del suono. Un lavoro meticoloso di rispetto per la musica e di conseguenza al suo senso. Un concetto nuovo di salvataggio artistico, di diffusione culturale che per ora ha colto nel segno l’aspirazione e il desiderio del territorio giapponese.
Un anteprima sui nuovi titoli, certi già usciti per la Solid Records con distribuzione Ultra-Vybe, Inc: Studi Enefonici e Atmosfere & Armonie; poi i nuovi titoli dove ho curato il contenuto audio con Andrea Ferigo e le grafiche personalmente – coinvolgendo il mio giovane allievo+amico Filippo Ferrari – utilizzando le sue creazioni, tele realizzate in tecnica mista per i titoli del musicista. Ecco i nuovi cd in arrivo: Le Sonate (doppio cd), Musica Terapia dell’inconscio, Stelle e Comete.