Matteo Vanzan, curatore di esperienza, sabato 28 giugno a “Surrealismo e Fantastico”si cimenta per la prima volta nella gestione dell’Esposizione Sonora di Alan Bedin, artista già noto al pubblico per le sue precedenti mostre. Bedin, che ha esplorato diversi linguaggi artistici, dal Jazz alla declamazione futurista fino ai suoni acusmatici, ha presentato a Caorle un “evento sonoro unico”, che ha catturato l’attenzione del pubblico con l’intensità di una cerimonia religiosa.

[Matteo Vanzan] Per quanto mi riguarda, la figura di Alan Bedin è ormai imprescindibile nel panorama musicale contemporaneo, e la sua presenza sonora è tale da non poter essere ignorata. Mentre molti si aspetterebbero da lui una performance dal vivo – ancora – caratterizzata da un’esibizione carismatica e coinvolgente, con il microfono in mano e la fronte imperlata di sudore durante l’emissione di complessi armonici o altre “demetriate”, Bedin sceglie invece di adottare un approccio diverso. Nelle sue ultime apparizioni, egli si pone in una relazione di profonda intimità con il suo pubblico, presentando il progetto e i suoi collaboratori con estrema cura, per poi voltare le spalle agli ascoltatori – non senza una certa eleganza – e procedere all’ascolto di un vinile attraverso un impianto audio Pathos di altissima qualità. In questo modo, Bedin pone l’accento sull’opera d’arte sonora in sé, esponendola come un oggetto di contemplazione e di riflessione, al pari delle altre opere presenti nella sala della mia mostra.

[Alan Bedin] Oggi avrete l’opportunità di avvicinarvi alla condizione artistica, l’atteggiamento che ho sperimentato durante la registrazione e l’emissione vocale per questo disco, un solco sonoro che si conserverà nel tempo, a differenza di tanta musica digitale, liquida ed effimera. Immagino già la possibilità che l’oblio digitale possa cancellare la nostra memoria dell’ascolto, ma questo lavoro resisterà, essendo un’espressione tangibile, fisica di Musica Spontanea. Il nostro obiettivo è di creare un’esperienza emotiva pura, non mediata da codici o linguaggi, ma attraverso la voce, il timbro, la dinamica e gli stili, che si modulano in relazione degli ambienti sonori creati nella Stanza del Suono. In questo senso, il suono diventa il veicolo per un’esperienza più profonda, che precede il linguaggio e si radica nell’ascolto. L’ascolto, infatti, è il fondamento della nostra percezione musicale, e in questo lavoro, cerchiamo di esplorarne le possibilità espressive. Prima di tutta la musica, c’è il suono. E prima ancora, c’è l’ascolto. Tutto parte da lì!

Il disco che avete ascoltato rappresenta un’ipotesi artistica che richiede la vostra partecipazione attiva attraverso l’ascolto. Considero questo lavoro come un processo in divenire, che necessita della vostra risposta emotiva per essere completato. In questo senso, mi vedo come un medium, un traghettatore che cerca di condurre l’ascoltatore oltre i confini della sua esperienza vocale quotidiana. La vostra voce, intesa come espressione unica della vostra individualità, sarà ridotta a pochi suoni essenziali, ma saranno proprio questi ultimi a permettervi di essere riconosciuti dalle altre anime nella dimensione spirituale che stiamo cercando di raggiungere. Chiudete gli occhi, ascoltate e meditate, poiché l’attraversamento di questo confine simbolico, guidato dalla figura mitologica di Caronte, segna il passaggio dalla dimensione terrena a quella spirituale. Là, i nuovi suoni deliberati finalmente libereranno il linguaggio dalla sua funzione denotativa, trasformandolo in un veicolo di emozioni profonde, che parleranno direttamente all’anima.